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Sintesi

Nonostante la crescita superiore alle attese nella prima metà del 2022, connessa agli effetti della riapertura dell’economia e al forte recupero del turismo, la guerra in Ucraina continua a produrre conseguenze economiche che peggiorano le prospettive per l’economia dell’area dell’euro e al tempo stesso acuiscono ulteriormente le pressioni inflazionistiche[1]. Le interruzioni nelle forniture di gas naturale e l’impennata dei prezzi del gas e dell’elettricità hanno accresciuto l’incertezza, hanno inciso gravemente sul clima di fiducia e si sono tradotte in crescenti perdite di reddito reale che dovrebbero determinare un ristagno dell’economia dell’area nella seconda metà del 2022 e nel primo trimestre dell’anno prossimo. L’incertezza riguardo alle prospettive sia a breve sia a medio termine rimane elevata. Le proiezioni degli esperti poggiano sull’ipotesi che la domanda di gas sia moderata dall’alto livello dei prezzi e dalle misure di risparmio energetico a fini precauzionali (a seguito del recente accordo raggiunto dall’Unione europea su una riduzione della domanda di gas fino al 15%) e che non sia necessario un ampio ricorso al razionamento del gas. Ciò nonostante, si assume che siano necessari tagli alla produzione durante l’inverno nei paesi con una forte dipendenza dalle importazioni di gas naturale russo ed esposti al rischio di carenze di offerta. Le strozzature dal lato dell’offerta, che pure nel periodo recente si sono allentate in modo lievemente più rapido del previsto, continuano a pesare sull’attività e si ipotizza che vengano meno solo gradualmente. A medio termine la crescita dovrebbe recuperare con il riequilibrarsi del mercato dell’energia, la diminuzione dell’incertezza, la risoluzione delle strozzature dal lato dell’offerta e il miglioramento del reddito reale, malgrado le condizioni di finanziamento meno favorevoli. Il mercato del lavoro si indebolirebbe a seguito del rallentamento economico, pur continuando nell’insieme a evidenziare una tenuta piuttosto buona. Complessivamente ci si attende che il tasso di incremento del PIL in termini reali si collochi in media d’anno al 3,1% nel 2022, per poi registrare un calo pronunciato scendendo allo 0,9% nel 2023 e risalire all’1,9% nel 2024. Nel confronto con le proiezioni degli esperti dell’Eurosistema di giugno 2022, le prospettive per la crescita del PIL sono state riviste al rialzo di 0,3 punti percentuali per il 2022, dopo i dati migliori del previsto nella prima metà dell’anno, e al ribasso di 1,2 e 0,2 punti percentuali rispettivamente per il 2023 e il 2024 principalmente a causa dell’impatto delle interruzioni nell’offerta di energia, dell’aumento dell’inflazione e del connesso deterioramento del clima di fiducia.

L’inflazione continua a registrare forti aumenti sulla scia degli ampi shock ulteriori dal lato dell’offerta, che si stanno trasmettendo ai prezzi al consumo a un ritmo più veloce rispetto al passato. L’inflazione complessiva misurata sull’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IAPC) rimarrebbe superiore al 9% per il resto del 2022 a causa dei corsi estremamente elevati dell’energia e delle materie prime alimentari, oltre che delle spinte al rialzo esercitate dalla riapertura dell’economia, dalle carenze nell’offerta e dalle condizioni tese nei mercati del lavoro. Il suo atteso calo da una media dell’8,1% nel 2022 al 5,5% nel 2023 e al 2,3% nel 2024 riflette principalmente la forte diminuzione della componente energetica e alimentare come conseguenza di effetti base negativi e dell’ipotizzata flessione dei prezzi delle materie prime, in linea con le quotazioni dei contratti future. Lo IAPC al netto dei beni energetici e alimentari dovrebbe mantenersi su livelli elevati senza precedenti fino alla metà del 2023, ma diminuirebbe anch’esso nel periodo successivo con il venir meno degli effetti esercitati dalla riapertura dell’economia e con l’allentamento delle strozzature dal lato dell’offerta e delle pressioni sui costi degli input energetici. L’inflazione complessiva rimarrebbe al di sopra dell’obiettivo della BCE del 2% nel 2024. Ciò è dovuto agli effetti ritardati degli elevati prezzi dell’energia sulle componenti non energetiche dell’inflazione, al recente deprezzamento dell’euro, agli andamenti robusti nei mercati del lavoro e ad alcuni effetti della compensazione per l’aumento dell’inflazione sui salari, che dovrebbero crescere a tassi ben superiori alle medie storiche. Rispetto all’esercizio previsivo condotto dagli esperti dell’Eurosistema nello scorso giugno, l’inflazione complessiva è stata oggetto di una revisione al rialzo considerevole per il 2022 e il 2023 (rispettivamente pari a 1,3 e 2,0 punti percentuali) e lieve per il 2024 (0,2 punti percentuali) riflettendo dati recenti non corrispondenti alle attese, forti aumenti nelle ipotesi relative ai prezzi all’ingrosso di gas ed elettricità, una più vigorosa dinamica salariale e il recente deprezzamento dell’euro. Tali effetti più che compensano l’impatto verso il basso esercitato dal recente calo delle quotazioni delle materie prime alimentari, da strozzature dal lato dell’offerta meno gravi di quanto ipotizzato in precedenza e dall’indebolimento delle prospettive per la crescita.

Tavola

Proiezioni per la crescita e per l’inflazione nell’area dell’euro

(variazioni percentuali annue)

Nota: le proiezioni riguardanti il PIL in termini reali si basano su dati destagionalizzati e corretti per il numero di giornate lavorative. Le statistiche storiche possono divergere dalle pubblicazioni più recenti dell’Eurostat a causa della divulgazione dei dati oltre la data di chiusura delle proiezioni.

L’incertezza che caratterizza le proiezioni degli esperti è particolarmente pronunciata. In particolare, nel breve periodo gli andamenti dell’inflazione dipendono in misura rilevante dall’evoluzione dei corsi delle materie prime energetiche, che di recente hanno evidenziato un’elevata volatilità specialmente nel caso dei prezzi all’ingrosso di gas ed elettricità. Un importante rischio per le prospettive dell’area dell’euro riguarda la possibilità di turbative più gravi degli approvvigionamenti energetici europei accompagnate da un inverno rigido che implica una maggiore domanda di riscaldamento, con la conseguenza di ulteriori picchi dei prezzi dell’energia e di tagli alla produzione più drastici di quelli ipotizzati nello scenario di base. Secondo uno scenario meno favorevole che riflette questi rischi l’inflazione sarebbe mediamente pari all’8,4% nel 2022, al 6,9% nel 2023 e al 2,7% nel 2024. Il PIL in termini reali crescerebbe del 2,8% quest’anno e diminuirebbe dello 0,9% nel 2023, per poi tornare a salire dell’1,9% nel 2024. Tale scenario è illustrato in maggiore dettaglio nel riquadro 3.

1 Economia reale

L’economia dell’area dell’euro ha registrato una crescita robusta nella prima metà del 2022, nettamente superiore al livello previsto nelle proiezioni degli esperti dell’Eurosistema di giugno 2022, nonostante la guerra in Ucraina (grafico 1). Nel primo trimestre la crescita è stata sorretta dal contributo molto forte dell’interscambio netto, che è in parte connesso all’attività delle imprese multinazionali in Irlanda. Nel secondo l’attività manifatturiera ha beneficiato dell’allentamento delle strozzature dal lato dell’offerta, mentre la produzione di servizi ha tratto impulso dalla rimozione delle restrizioni connesse alla pandemia che ha sostenuto in particolare la componente dei servizi ad alta intensità di contatti interpersonali, compreso il turismo.

Grafico 1

Crescita del PIL in termini reali dell’area dell’euro

(variazioni percentuali sul trimestre precedente, dati trimestrali destagionalizzati e corretti per il numero di giornate lavorative)

Nota: le statistiche storiche possono divergere dalle pubblicazioni più recenti dell’Eurostat a causa della divulgazione dei dati oltre la data di chiusura delle proiezioni (nota 1). La linea verticale indica l’inizio dell’attuale orizzonte temporale di proiezione.

Il ritmo di espansione del PIL in termini reali diminuirebbe considerevolmente nel terzo trimestre dell’anno in un contesto in cui l’inflazione incide negativamente sul reddito reale e l’incertezza e l’aumento dei tassi di interesse frenano gli investimenti. Il vigore dell’attività nei comparti del turismo e dei viaggi, assieme all’ulteriore allentamento delle strozzature dal lato dell’offerta, dovrebbe sostenere la crescita nel terzo trimestre. Al tempo stesso gli indicatori basati sulle indagini, quali l’indice dei responsabili degli acquisti (Purchasing Managers’ Index, PMI), segnalano una contrazione nel settore sia manifatturiero sia dei servizi ad agosto 2022. Lo shock negativo al reddito disponibile reale dovuto all’aumento dei prezzi dovrebbe altresì pesare sull’attività, che risulta frenata anche dall’incertezza, in particolare connessa alle interruzioni nell’offerta di gas (cfr. sotto), e dai forti aumenti dei tassi sui prestiti bancari. Nell’insieme, nel terzo trimestre la crescita sul periodo precedente sarebbe pari allo 0,1% (una revisione al ribasso di 0,3 punti percentuali rispetto alle proiezioni di giugno).

Le circostanze sfavorevoli si intensificherebbero ulteriormente e sarebbero aggravate nei prossimi mesi da interruzioni delle forniture di gas naturale. Per valutare l’impatto potenziale sulla produzione esercitato dalle turbative nel mercato del gas, gli esperti della BCE hanno ipotizzato che i flussi provenienti sia dalla Russia sia dagli altri fornitori si mantengano sui livelli osservati alla data di chiusura dell’esercizio previsivo di settembre[2]. Dal lato della domanda si assume che i paesi attuino l’accordo, sinora volontario, raggiunto a livello dell’UE per una riduzione fino al 15%[3] dell’uso di gas naturale e che le condizioni meteorologiche nel prossimo inverno siano in linea con la media degli ultimi cinque anni. Sulla base di queste ipotesi i livelli di stoccaggio del gas sarebbero lievemente inferiori a quelli medi storici nell’insieme dell’area dell’euro e notevolmente al di sotto degli stessi nei paesi che più dipendono dalle forniture di gas russo, in particolare in Germania[4]. L’impatto economico sarebbe pertanto eterogeneo nei vari paesi, con un’incertezza elevata che determina sia misure di risparmio del gas a fini precauzionali sia tagli alla produzione in Germania ed effetti negativi minori in altri paesi, data la natura maggiormente limitata dei provvedimenti adottati per diminuire la domanda. Inoltre la crescita economica sarebbe ridotta in tutti i paesi dell’area dell’euro come conseguenza del livello estremamente elevato dei prezzi del gas, che renderebbe alcune attività non remunerative nei settori a più alta intensità di utilizzo di tale prodotto, determinando in alcuni casi la sospensione della produzione. Nell’insieme, il PIL in termini reali diminuirebbe dello 0,1% nell’ultimo trimestre del 2022 e rimarrebbe stabile nel primo del 2023.

Oltre il breve termine la crescita dovrebbe aumentare dopo il venir meno delle circostanze sfavorevoli per l’attività osservate nell’inverno del 2022-2023; tuttavia, nel 2024 il livello del PIL sarebbe inferiore a quello previsto nelle proiezioni di giugno 2022. Il miglioramento atteso si fonda sull’ipotesi che le interruzioni dell’offerta di gas cessino di rappresentare un vincolo stringente per l’attività in presenza di condizioni climatiche più miti e della graduale introduzione di forniture alternative. La crescita del PIL in termini reali dovrebbe recuperare nel corso del 2023 a causa di diversi fattori: l’attenuarsi delle pressioni inflazionistiche che riduce le spinte verso il basso sul reddito disponibile reale; il venir meno delle strozzature residue dal lato dell’offerta; la ripresa della domanda esterna; il miglioramento della competitività di prezzo delle esportazioni rispetto a importanti partner commerciali come gli Stati Uniti. Gli effetti negativi dell’indebolimento del clima di fiducia e dell’aumento dell’incertezza, che alimentano motivazioni precauzionali nel breve periodo, dovrebbero altresì esaurirsi a medio termine. Dopo il consistente sostegno fornito dai governi durante la crisi legata al coronavirus (COVID-19) e dalle misure a favore della ripresa nel periodo 2020-2021, cui si aggiungono l’attesa espansione degli investimenti finanziati dal programma Next Generation EU (NGEU) nel 2022 e più di recente l’aumento del supporto connesso all’energia e alla guerra in Ucraina, la politica di bilancio dovrebbe incidere negativamente sulla crescita nel 2023 in un contesto in cui alcune di queste misure vengono ritirate (sezione 2)[5]. Nell’insieme, dato l’indebolimento delle prospettive a breve termine e il recupero solo parziale nel medio periodo, il PIL in termini reali resterebbe inferiore ai livelli precedentemente attesi nell’arco di tempo considerato (grafico 2).

Grafico 2

PIL in termini reali dell’area dell’euro

(volumi concatenati, 4° trim. 2019 = 100)

Nota: i dati sono destagionalizzati e corretti per il numero di giornate lavorative. Le statistiche storiche possono divergere dalle pubblicazioni più recenti dell’Eurostat a causa della divulgazione dei dati oltre la data di chiusura delle proiezioni. La linea verticale indica l’inizio dell’attuale orizzonte temporale di proiezione.

Tavola 1

Proiezioni macroeconomiche per l’area dell’euro

(variazioni percentuali annue, salvo diversa indicazione)

Nota: le proiezioni riguardanti il PIL in termini reali e le sue componenti, il costo unitario del lavoro, il reddito per occupato e la produttività del lavoro si basano su dati destagionalizzati e corretti per il numero di giornate lavorative. Le statistiche storiche possono divergere dalle pubblicazioni più recenti dell’Eurostat a causa della divulgazione dei dati oltre la data di chiusura delle proiezioni.
1) Incluso l’interscambio verso l’interno dell’area dell’euro.
2) Il sottoindice si basa sulle stime dell’impatto effettivo delle imposte indirette. Può divergere dai dati dell’Eurostat, che ipotizzano la trasmissione completa e immediata dell’impatto dell’imposizione indiretta allo IAPC.
3) Calcolato come saldo delle amministrazioni pubbliche al netto degli effetti transitori del ciclo economico e delle misure classificate come temporanee ai sensi della definizione del Sistema europeo di banche centrali.
4) Misurato come variazione del saldo primario di bilancio corretto per il ciclo, al netto del sostegno pubblico a favore del settore finanziario. I dati riportati sono altresì corretti per gli attesi sussidi a titolo del Next Generation EU dal lato delle entrate. Un valore negativo implica un allentamento delle politiche di bilancio.

Per quanto concerne le componenti del PIL, i consumi privati si indebolirebbero nei prossimi trimestri ma rimarrebbero una determinante fondamentale del recupero dell’attività nel medio periodo. I consumi privati hanno recuperato nel secondo trimestre del 2022 in presenza dell’allentamento delle restrizioni connesse al COVID-19 e di una ripresa della spesa per servizi ad alta intensità di contatti interpersonali, compreso l’avvio anticipato e molto dinamico della stagione turistica estiva. In un contesto in cui le restrizioni sono state in larga parte rimosse, la possibilità che gli effetti della riapertura dell’economia sostengano ulteriormente la crescita dei consumi privati è considerata limitata. L’inflazione elevata scoraggia la spesa dei consumatori e costringe le famiglie a più basso reddito in particolare a ridurre i flussi di risparmio correnti. Oltre il breve periodo, con l’atteso calo dell’inflazione e la diminuzione dell’incertezza, i consumi privati registrerebbero una lieve ripresa ma il loro ritmo di espansione sarebbe leggermente inferiore a quello del reddito reale.

I livelli elevati dell’inflazione comporterebbero una contrazione del reddito disponibile reale sia nel 2022 sia nel 2023, nonostante la perdurante tenuta del mercato del lavoro e dei connessi redditi da lavoro. Il mercato del lavoro si indebolirebbe sulla scia dell’atteso rallentamento dell’attività economica, ma si ritiene che continui nell’insieme a evidenziare una buona tenuta in un contesto in cui si assume che parte dell’aggiustamento avvenga per il tramite di una riduzione del numero di ore lavorate per occupato e solo in qualche misura attraverso un aumento della disoccupazione. Secondo le stime, il reddito disponibile reale sarebbe diminuito nella prima metà del 2022; ciò sarebbe avvenuto principalmente sulla scia dell’aumento dell’inflazione, ma anche del calo dei trasferimenti di bilancio netti dovuto al ritiro delle misure di sostegno legate al COVID-19, un effetto che è stato tuttavia controbilanciato in parte da interventi di ristoro legati all’energia. Il reddito disponibile reale dovrebbe continuare a diminuire sino al primo trimestre del 2023, per poi evidenziare un lieve recupero verso la fine dell’orizzonte temporale della proiezione.

Il tasso di risparmio delle famiglie dovrebbe continuare a scendere con la diminuzione del reddito reale, raggiungendo il livello antecedente la pandemia alla fine del 2022 per poi mettere a segno una lieve ripresa nel 2024. Nella prima metà del 2022 il saggio di risparmio ha verosimilmente registrato una diminuzione netta e di entità superiore al previsto in un contesto in cui le scelte di risparmio dei consumatori si sono normalizzate con l’allentarsi delle restrizioni connesse alla pandemia e il risparmio ha contribuito ad attenuare in parte l’impatto derivante dai livelli eccezionalmente elevati dell’inflazione. Nei prossimi trimestri dovrebbe subire un nuovo calo, in particolare poiché le famiglie nelle fasce di reddito più basse – con consistenze di risparmio relativamente ridotte – potrebbero dover diminuire i flussi di risparmio per finanziare i consumi essenziali. Tali famiglie sono molto esposte agli shock sui prezzi dei beni energetici e alimentari, nonostante il fatto che beneficiano di misure di bilancio a sostegno del reddito. I nuclei familiari più ricchi e più anziani potrebbero utilizzare il risparmio accumulato durante la pandemia[6] per modulare i consumi in un contesto di inflazione elevata, anche se il potere di acquisto di tale risparmio sarebbe fortemente eroso dall’inflazione, che ne ridurrà progressivamente il ruolo di cuscinetto. Nel 2024, con il convergere dell’inflazione verso l’obiettivo, il tasso di risparmio riprenderebbe ad aumentare pur mantenendosi su livelli inferiori a quelli antecedenti la pandemia.

Riquadro 1
Ipotesi tecniche riguardanti i tassi di interesse, i prezzi delle materie prime e i tassi di cambio

Rispetto alle proiezioni dello scorso giugno, le ipotesi tecniche includono un aumento dei tassi di interesse, una lieve diminuzione dei prezzi del petrolio, una crescita considerevole dei prezzi all’ingrosso di gas ed elettricità e un deprezzamento dell’euro. Le ipotesi tecniche concernenti i tassi di interesse e i prezzi delle materie prime sono basate sulle aspettative di mercato al 22 agosto 2022. I tassi di interesse a breve termine si riferiscono all’Euribor a tre mesi e le aspettative di mercato sono desunte dai tassi dei contratti future. Da questa metodologia deriva un livello medio dei tassi a breve dello 0,2% nel 2022, del 2,0% nel 2023 e del 2,1% nel 2024. Le aspettative di mercato sui rendimenti nominali dei titoli di Stato a dieci anni dell’area dell’euro implicano una media annua dell’1,6% per il 2022, che aumenta gradualmente nell’arco di tempo considerato raggiungendo il 2,2% per il 2024[7]. Nel confronto con l’esercizio previsivo dello scorso giugno, le aspettative di mercato per i tassi di interesse a breve termine sono state riviste verso l’alto di circa 20, 70 e 50 punti base rispettivamente per il 2022, il 2023 e il 2024 sulla scia delle attese di un inasprimento delle politiche monetarie a livello mondiale. Ciò ha determinato altresì una revisione al rialzo dei rendimenti delle obbligazioni sovrane a lungo termine, di circa 20 punti base, nel periodo considerato.

Le ipotesi tecniche concernenti i corsi petroliferi sono state corrette al ribasso a causa dell’indebolimento della domanda e dell’aumento dell’offerta. L’Unione europea ha imposto un embargo parziale sul greggio e sui prodotti petroliferi russi, oltre che un divieto di assicurazione sul trasporto di petrolio esportato dalla Russia, che entrerà in vigore alla fine dell’anno. Finora, anche se le esportazioni di petrolio russo nei paesi occidentali sono diminuite di 1,3 milioni di barili al giorno in luglio rispetto alla media del 2021, la Russia è riuscita a reindirizzare questi flussi verso l’Asia. Ulteriori cali considerevoli dei flussi di petrolio dalla Russia sono attesi entro l’inizio del 2023. Alla data di chiusura di questo esercizio di proiezione le spinte al rialzo sui corsi petroliferi provenienti dai rischi connessi alle forniture russe erano state più che compensate dagli aumenti della produzione mondiale di petrolio in un contesto in cui l’offerta dei paesi dell’OPEC+ si colloca al momento su livelli prossimi a quelli antecedenti la pandemia e ci si attende una minore domanda di petrolio in linea con il peggioramento delle prospettive per l’economia mondiale. Di conseguenza si assume che le quotazioni del greggio di qualità Brent, basate sui prezzi dei contratti future considerando la media dei tre giorni lavorativi precedenti la data di aggiornamento delle ipotesi tecniche, scendano da 105,4 dollari al barile nel 2022 a 83,6 nel 2024.

I prezzi all’ingrosso di gas ed elettricità continuano a registrare un’impennata, mentre quelli delle materie prime alimentari sono diminuiti. Le tensioni connesse alle forniture di gas dalla Russia all’Europa si sono intensificate dalla fine di luglio quando Gazprom ha ridotto i flussi attraverso il gasdotto Nord Stream 1 ad appena il 20% dei volumi consueti, facendo diminuire di circa l’80% l’offerta complessiva di gas russo. Gli sforzi dispiegati dall’UE per sostituire il gas proveniente dalla Russia attingendo ai mercati mondiali del gas e i timori di un’interruzione totale delle forniture russe hanno fatto impennare le quotazioni portando il prezzo del gas TTF olandese a oltre 270 euro per megawattora a metà agosto. La curva dei contratti future sul gas si è spostata notevolmente verso l’alto rispetto alle proiezioni di giugno (del 137% per la seconda metà del 2022, del 191% per il 2023 e del 163% per il 2024), ma mantiene una pendenza discendente. Anche i future sui prezzi del mercato all’ingrosso dell’elettricità, che fungono da guida per le proiezioni, sono stati rivisti considerevolmente al rialzo e segnalano livelli di prezzo persistentemente elevati. L’impatto di ipotesi per i prezzi dell’energia alternative a quelle incluse nello scenario di base è riflesso in un’analisi di sensibilità presentata nel riquadro 4. Si ipotizza, sulla base dei prezzi dei contratti future, che le quote di emissione negoziate nell’ambito del sistema dell’UE deputato al loro scambio (EU Emissions Trading Scheme, EU ETS) si collochino a 87,0, 93,9 e 97,7 euro per tonnellata rispettivamente nel 2022, nel 2023 e nel 2024. I corsi delle materie prime non energetiche, espressi in dollari, dovrebbero aumentare nel 2022 per poi diminuire nel periodo 2023-2024 e sono stati corretti verso il basso rispetto alle proiezioni di giugno, in particolare a causa del calo delle quotazioni delle materie prime alimentari.

Le ipotesi sui tassi di cambio bilaterali restano invariate nell’orizzonte temporale di riferimento sui livelli medi osservati nelle tre giornate lavorative fino alla data di aggiornamento delle ipotesi tecniche. Ciò implica che il cambio dollaro/euro si collochi in media a 1,05 nel 2022 e a 1,01 nel periodo 2023-2024, un livello inferiore di circa il 4% rispetto a quanto indicato nell’esercizio previsivo dello scorso giugno. L’ipotesi per il tasso di cambio effettivo dell’euro comporta un deprezzamento del 2% nel confronto con le proiezioni di giugno.

Tavola

Ipotesi tecniche

Gli investimenti nell’edilizia residenziale dovrebbero subire una lieve contrazione per il deteriorarsi delle condizioni di finanziamento e il persistere dell’incertezza. Secondo le stime sarebbero già diminuiti nel secondo trimestre del 2022 poiché la guerra russa in Ucraina ha esacerbato le carenze di manodopera e di materie prime. A breve termine il considerevole aumento dei tassi sui mutui ipotecari e la persistente incertezza connessa all’energia e alla guerra peserebbero sugli investimenti in abitazioni, inducendo un calo protratto dalla seconda metà del 2022 sino alla fine del 2023. Successivamente la dinamica degli investimenti nell’edilizia residenziale sarebbe molto modesta nel resto del periodo considerato in un contesto in cui le condizioni di finanziamento peggiorano ulteriormente sulla scia della perdurante normalizzazione dei tassi di interesse, compensando l’impatto di effetti positivi della Q di Tobin[8] e dell’aumento del reddito disponibile.

Gli investimenti delle imprese diminuirebbero nel breve periodo, frenati dai più elevati costi di finanziamento, dall’elevata incertezza e dall’aumento dei prezzi dell’energia, ma dovrebbero recuperare con l’attenuarsi delle circostanze sfavorevoli. Dopo gli andamenti di fondo positivi nella prima metà del 2022, come suggerito dai dati pervenuti di recente, gli indicatori ricavati dalle indagini segnalano una stabilità o persino un calo dell’attività di investimento nella seconda metà dell’anno. Anche se le indagini congiunturali continuano a suggerire che i produttori di beni di investimento sono posti di fronte a una domanda relativamente vigorosa, l’aumento in atto dei tassi di interesse, l’incertezza connessa alla guerra in Ucraina e i rincari dell’energia hanno determinato un peggioramento del clima di fiducia delle imprese e aspettative inferiori per l’attività nel settore dei beni di investimento. Questi fattori e gli ipotizzati vincoli dal lato dell’offerta di gas agiranno da freno sulla crescita degli investimenti nel breve periodo. Gli investimenti dovrebbero rafforzarsi dopo l’inverno del 2022-2023 nell’ipotesi di un perdurante allentamento delle strozzature di approvvigionamento e dei vincoli dal lato dell’offerta di gas e di una diminuzione dell’incertezza. Nel medio periodo ci si attende un impatto positivo dall’effetto di attrazione (crowding in) degli investimenti privati esercitato dal Next Generation EU, anche se l’attuazione del programma è stata ritardata di qualche trimestre per alcuni paesi. Gli investimenti saranno altresì sorretti dall’elevata spesa in conto capitale necessaria in relazione alla decarbonizzazione dell’economia europea, anche nel contesto del processo di transizione volto a porre fine alla dipendenza dalle forniture energetiche russe (in linea con la proposta REPowerEU).

Riquadro 2
Contesto internazionale

L’economia mondiale sta rallentando in un contesto in cui l’inflazione elevata, le condizioni finanziarie più tese e le rimanenti circostanze sfavorevoli connesse all’offerta incidono negativamente sull’attività. La guerra in Ucraina ha fatto aumentare i prezzi delle materie prime energetiche e provocato turbative lungo le catene mondiali di approvvigionamento alimentare, intensificando le pressioni inflazionistiche a livello internazionale e suscitando timori riguardo alla sicurezza delle forniture mondiali di prodotti alimentari. Se da un lato il sostenuto allentamento delle restrizioni legate alla pandemia a partire dalla primavera nelle principali economie avanzate ha contribuito a sostenere i consumi nei settori dei servizi di viaggio e di ospitalità, dall’altro le pressioni inflazionistiche eccezionalmente elevate, che hanno richiesto un inasprimento della politica monetaria da parte delle banche centrali, pesano sul reddito disponibile e sul risparmio accumulato durante la pandemia.

Le prospettive per la crescita mondiale sono piuttosto moderate in un contesto in cui il PIL in termini reali (esclusa l’area dell’euro) aumenterebbe del 2,9% nel 2022, del 3,0% nel 2023 e del 3,4% nel 2024. Nell’insieme ci si attende che l’economia mondiale si espanda a un ritmo lievemente inferiore alla media di lungo periodo quest’anno e il prossimo in presenza di un rallentamento della crescita nelle economie sia avanzate sia emergenti. Rispetto alle proiezioni dello scorso giugno, il tasso di incremento del PIL mondiale in termini reali (esclusa l’area dell’euro) è stato rivisto al ribasso di 0,1, 0,4 e 0,2 punti percentuali rispettivamente nel 2022, nel 2023 e nel 2024. Il peggioramento delle prospettive per gli Stati Uniti e la Cina spiega gran parte delle correzioni al ribasso della crescita nell’orizzonte temporale considerato. Nel Regno Unito il forte aumento dei prezzi dell’energia dovrebbe pesare notevolmente sull’attività, che diminuirebbe al volgere dell’anno. Le revisioni verso il basso della crescita per quest’anno sono in parte compensate da una recessione lievemente più moderata del previsto in Russia, che ha finora mostrato una maggiore tenuta a fronte delle sanzioni economiche, e da livelli di attività superiori alle attese in alcune grandi economie emergenti quali il Brasile, il Messico e la Turchia.

In linea con la crescita mondiale, anche le prospettive per il commercio internazionale si sono deteriorate. L’indebolimento dell’attività manifatturiera globale pesa sull’interscambio, che aveva già iniziato a rallentare nella primavera del 2022, come mostra la perdita di slancio del commercio di beni. Le prospettive per l’interscambio mondiale sono peggiorate come suggeriscono i dati delle indagini congiunturali concernenti i nuovi ordinativi dall’estero nel settore manifatturiero, che hanno continuato a segnalare una contrazione in agosto. L’indebolimento delle prospettive per la domanda e il miglioramento dell’offerta hanno contribuito ad allentare le pressioni sulle catene di approvvigionamento, che tuttavia rimangono presenti. Ci si attende di conseguenza che il commercio mondiale (esclusa l’area dell’euro) cresca del 4,6% nel 2022, del 2,7% nel 2023 e del 3,4% nel 2024 e che la domanda esterna dell’area dell’euro si indebolisca lievemente, specie nel 2023. Nel confronto con le proiezioni dello scorso giugno, le prospettive per l’interscambio mondiale e per la domanda esterna dell’area dell’euro sono state riviste al ribasso per gli ultimi anni dell’arco di tempo considerato. Per quest’anno, tuttavia, sono state entrambe oggetto di una correzione verso l’alto grazie a una dinamica del commercio più vigorosa del previsto nelle economie avanzate agli inizi del 2022, specialmente nel Regno Unito e nei paesi europei non appartenenti all’area dell’euro.

Le spinte inflazionistiche a livello mondiale rimangono generalizzate ed elevate in presenza di picchi dei prezzi delle materie prime, di vincoli di offerta residui, di una domanda ancora relativamente robusta e di condizioni tese nei mercati del lavoro, ma dovrebbero diminuire con la stabilizzazione dei mercati delle materie prime e l’indebolimento della crescita. L’inflazione complessiva nei paesi dell’OCSE è scesa lievemente, al 10,2% a luglio 2022 dal 10,3% di giugno, poiché l’aumento dell’inflazione di fondo è stato più che compensato dal minore contributo delle componenti energetica e alimentare. L’inflazione su scala mondiale rimarrebbe elevata nel breve periodo, sospinta dagli alti prezzi delle materie prime oltre che da forti pressioni inflazionistiche a livello sia interno sia internazionale nel contesto delle condizioni tese sui mercati del lavoro mondiali. Tuttavia, l’ipotizzato calo dei corsi delle materie prime in linea con i rispettivi contratti future, assieme al deterioramento della crescita globale, attenuerebbe le spinte inflazionistiche nel medio periodo.

Tavola

Contesto internazionale

(variazioni percentuali annue)

1) Calcolato come media ponderata delle importazioni.
2) Calcolata come media ponderata delle importazioni dei partner commerciali dell’area dell’euro.

L’allentamento delle strozzature dal lato dell’offerta e il deprezzamento dell’euro dovrebbero sostenere le esportazioni verso l’esterno dell’area dell’euro nel 2022, mentre il rallentamento dell’economia mondiale peserebbe sul commercio dell’area nel 2023. I dati ad alta frequenza e gli indicatori prospettici segnalano una lieve attenuazione delle strozzature dal lato dell’offerta nel secondo trimestre del 2022 dopo il picco storico raggiunto dalle carenze di attrezzature e dai costi del trasporto marittimo delle merci nel primo trimestre. I tempi di consegna dei fornitori, che avevano registrato un aumento temporaneo in marzo e in aprile per la guerra in Ucraina, sono diminuiti più rapidamente del previsto in estate. L’allentamento delle strozzature dal lato dell’offerta e il deprezzamento dell’euro dovrebbero sostenere le esportazioni verso l’esterno dell’area nel 2022 nonostante la debolezza della domanda esterna. Tuttavia, il rallentamento dell’economia mondiale (riquadro 2) inciderebbe sull’interscambio nel 2023. Nell’insieme, la crescita delle esportazioni è stata rivista al rialzo per il 2022 e al ribasso per il 2023. La solida attività economica nella prima metà del 2022 sospingerebbe verso l’alto i volumi delle importazioni dall’esterno dell’area. Ci si attende che il contributo delle esportazioni nette alla crescita del PIL sia neutro nel 2022 ma positivo nel 2023 e nel 2024. Tuttavia, il conto corrente dell’area dell’euro non dovrebbe recuperare entro la fine dell’orizzonte temporale della proiezione; ciò è dovuto ai prezzi dell’energia, specialmente del gas, che rimarrebbero persistentemente elevati nonostante una lieve moderazione rispetto ai livelli attuali. Il forte rincaro dell’energia nel confronto con le proiezioni di giugno implica un ampio deterioramento ulteriore delle ragioni di scambio e del saldo commerciale dell’area dell’euro, che dovrebbero entrambi migliorare solo a partire dal 2023.

Il mercato del lavoro si indebolirebbe a seguito del rallentamento dell’attività economica, pur continuando a evidenziare nell’insieme una tenuta ancora piuttosto buona. Dopo essere aumentata dello 0,4% nel secondo trimestre del 2022 grazie agli effetti positivi della riapertura dell’economia dopo la pandemia di COVID-19, l’occupazione totale si colloca su un livello analogo a quello previsto dalla sua relazione storica con il PIL. La crescita dell’occupazione sarebbe inferiore nella seconda metà del 2022 dato il calo della domanda di lavoro sulla scia delle strozzature dal lato dell’offerta, il livello elevato dell’inflazione e l’aumento dell’incertezza. A medio termine sarebbe pari allo 0,2% sia nel 2023 sia nel 2024. Sebbene nel breve periodo ci si possa attendere che le imprese ricorrano a strategie di mantenimento della manodopera (labour hoarding), anche attraverso una riduzione del numero di ore lavorate, vi sarebbero dei licenziamenti nel prosieguo del ciclo. Di conseguenza, dopo essere sceso al 6,6% nel secondo trimestre del 2022, il tasso di disoccupazione dovrebbe aumentare lentamente portandosi al 7,0% nel 2024. La produttività per addetto diminuirebbe nettamente dal 3,8% nel 2021 all’1,1% nel 2022 e allo 0,7% nel 2023. Nel 2024 dovrebbe recuperare, collocandosi all’1,7%, per motivi in parte riconducibili a effetti di composizione poiché i licenziamenti riguarderebbero i lavoratori meno produttivi.

Rispetto alle proiezioni di giugno, il tasso di incremento del PIL in termini reali è stato rivisto verso l’alto di 0,3 punti percentuali per il 2022 e verso il basso di 1,2 e 0,2 punti percentuali rispettivamente per il 2023 e il 2024. La correzione al rialzo per il 2022 riflette uno slancio espansivo maggiore del previsto nella prima metà dell’anno che è in parte compensato dalla revisione al ribasso della crescita nella seconda metà, derivante dall’incertezza elevata, dal peggioramento del clima di fiducia, dall’aumento dell’inflazione che comprime il reddito reale e dalle interruzioni delle forniture di gas naturale nel contesto della guerra in Ucraina. Tali fattori spiegano altresì la correzione verso il basso piuttosto consistente della crescita nel primo trimestre del 2023. Il tasso di variazione del PIL sul trimestre precedente dovrebbe iniziare a recuperare a partire dal secondo trimestre del 2023, sebbene a un ritmo inferiore a quello atteso nelle proiezioni di giugno. La lieve revisione al ribasso per il 2024 riflette la natura persistente degli shock alla base delle correzioni verso il basso per l’anno precedente che impedisce un recupero più rapido dell’attività.

Riquadro 3
Uno scenario meno favorevole connesso alla guerra in Ucraina e ai tagli alle forniture di energia

Data la perdurante incertezza riguardo alle prospettive economiche per l’area dell’euro dovuta alla guerra russa in Ucraina, questo riquadro presenta uno scenario meno favorevole. Lo scenario comporta un’interruzione completa delle forniture russe di gas oltre che di petrolio trasportato per via marittima verso l’area dell’euro, con scarse possibilità di accesso a fornitori alternativi di gas. Ipotizza altresì prezzi delle materie prime più alti, livelli elevati di incertezza, un indebolimento dell’interscambio e un deterioramento delle condizioni di finanziamento rispetto allo scenario di base delle proiezioni. L’attività economica risentirebbe pertanto di shock avversi più forti e sarebbe considerevolmente più debole che nello scenario di base, con una crescita del PIL che risulterebbe sensibilmente negativa l’anno prossimo. L’inflazione sarebbe più alta, specialmente nel medio periodo (tavola A).

Tavola A

Scenario di base delle proiezioni di settembre 2022 e scenario meno favorevole per l’area dell’euro

(variazioni percentuali annue, salvo diversa indicazione)

Lo scenario ipotizza che la guerra in Ucraina sia molto protratta, implicando persistenti tensioni geopolitiche. Si assume che tutti i regimi sanzionatori siano mantenuti e che ciò determini shock più forti e duraturi nell’area dell’euro. In questo scenario vi è un aumento dell’incertezza che si traduce in un significativo aggiustamento dei differenziali sulle obbligazioni societarie e dei mercati azionari e in un deterioramento delle condizioni del credito bancario a livello sia interno sia internazionale.

A differenza dello scenario di base delle proiezioni, lo scenario meno favorevole ipotizza possibilità di sostituzione nulle per le forniture di gas e parziali per il petrolio, l’assenza di una risposta coordinata a fronte della scarsità di beni energetici e condizioni meteorologiche invernali insolitamente rigide che farebbero aumentare la domanda di energia. Lo scenario di base delle proiezioni di settembre 2022 assume un livello considerevole di sostituzione del gas russo attraverso fornitori alternativi, nessuna carenza di petrolio, la piena attuazione del piano dell’Unione europea per la riduzione del consumo di gas e condizioni meteorologiche invernali normali. Nello scenario meno favorevole le condizioni più tese dell’offerta di energia, che si riequilibrano solo nel medio periodo, assieme ai limitati aggiustamenti della domanda, in parte a causa dell’ipotizzato rigore dell’inverno, determinerebbero prezzi dei beni energetici persino più alti di quelli sottostanti allo scenario di base delle proiezioni, ma anche la necessità di razionare in qualche misura l’energia utilizzata come input nella produzione. I paesi che dipendono dalle forniture russe di gas e di petrolio dovrebbero di conseguenza attuare tagli alla produzione.

Si ipotizza un considerevole aumento dei prezzi dell’energia e delle materie prime alimentari dovuto alle gravi turbative dal lato dell’offerta. L’interruzione completa delle forniture di gas russo all’Europa, che secondo le ipotesi non tornerebbero sul mercato durante l’orizzonte temporale della proiezione, fa salire notevolmente i prezzi del gas (portandoli su un livello superiore del 53% a quello prospettato nello scenario di base per l’intero periodo considerato) in presenza di condizioni molto tese nel mercato europeo del gas (tavola B). Lo scenario assume altresì una brusca interruzione dei flussi di petrolio dalla Russia verso l’Unione europea a partire dal quarto trimestre del 2022 una volta che l’embargo petrolifero sarà diventato effettivo. L’ipotizzata capacità limitata della Russia di reindirizzare il petrolio verso i mercati mondiali attraverso i paesi che non applicano sanzioni determina una riduzione delle forniture mondiali che fa impennare i prezzi del petrolio portandoli su livelli superiori del 60% a quelli indicati nello scenario di base delle proiezioni alla fine di quest’anno. Le quotazioni del greggio scenderebbero poi gradualmente a partire dal terzo trimestre del 2023 in presenza di un ribilanciamento del mercato del petrolio e si stabilizzerebbero su un livello superiore del 38% a quello dello scenario di base nel 2024. Secondo le ipotesi, gli altri membri del gruppo di paesi dell’OPEC+ non compenserebbero la carenza di greggio proveniente dalla Russia. Per le materie prime alimentari lo scenario assume una riduzione di circa il 30% delle esportazioni russe e ucraine di cereali e granoturco. L’aumento dei costi dell’energia e dei prezzi dei fertilizzanti determina ulteriori rincari dei prodotti alimentari a livello mondiale. Lo shock sui beni alimentari si protrae per tutto il 2023 e la carenza è successivamente compensata in modo solo graduale da altre forniture; di conseguenza, rispetto allo scenario di base i prezzi internazionali delle materie prime alimentari risultano superiori del 24% nel primo trimestre del 2023 e del 33% nel 2024.

Tavola B

Ipotesi per lo scenario meno favorevole

(deviazioni percentuali annue dai livelli dello scenario di base, salvo diversa indicazione)

L’attività e il commercio mondiale (esclusa l’area dell’euro) sarebbero influenzati negativamente e questo inciderebbe notevolmente sulla domanda esterna dell’area dell’euro. Rispetto ai livelli indicati nello scenario di base delle proiezioni di settembre 2022, nello scenario meno favorevole il PIL mondiale (esclusa l’area dell’euro) sarebbe inferiore dello 0,2% nel 2022 e dell’1,3% nel 2023. Un conflitto più lungo e intenso e le eventuali sanzioni aggiuntive mantenute fino al 2024, assieme al rincaro delle materie prime, fornirebbero un contributo importante alla diminuzione del PIL mondiale nel confronto con lo scenario di base. Inoltre, maggiori perturbazioni al commercio e alle catene del valore globali costituiscono le determinanti principali degli effetti ipotizzati dallo scenario sulla domanda esterna dell’area dell’euro, che rispetto allo scenario di base risulterebbe inferiore dello 0,7% nel 2022 e del 4,6% nel 2023. L’incertezza e i fattori finanziari aggiungono un ulteriore effetto al ribasso.

La maggiore incertezza riguardo all’economia interna implicherebbe una significativa rivalutazione degli strumenti di mercato e un deterioramento delle condizioni del credito bancario. Lo scenario ipotizza un nuovo aumento dell’incertezza fra settembre e dicembre 2022, che riflette l’intenso conflitto ancora in corso e il deterioramento dell’offerta di energia. Ciò determina un aumento della volatilità nei mercati finanziari, che inciderebbe negativamente sul clima di fiducia delle imprese, dei consumatori e dei mercati finanziari. I corsi azionari diminuirebbero di circa il 10% e le banche innalzerebbero ulteriormente i tassi sui prestiti, di circa 50 punti base, per compensare l’aumento dei costi della provvista oltre che le perdite attese sui portafogli di prestiti.

Lo scenario meno favorevole comporterebbe per l’economia dell’area dell’euro una crescita media più debole nel 2022, una contrazione nel 2023 e un recupero forte ma incompleto nel 2024. Gli effetti delle turbative nella produzione si basano su una valutazione delle possibilità di sostituzione dell’energia all’interno dell’economia[9], mentre gli ulteriori effetti macroeconomici dello scenario complessivo sono stati valutati utilizzando il modello ECB-BASE[10]. Nel confronto con lo scenario di base, in quello meno favorevole la crescita del PIL in termini reali dell’area dell’euro sarebbe inferiore di 0,3 e 1,8 punti percentuali rispettivamente nel 2022 e nel 2023 e si stabilizzerebbe successivamente su un livello pari a quello indicato nello scenario di base nel 2024 (grafico). La crescita media annua nel 2022 rimarrebbe positiva, ma il PIL diminuirebbe nettamente nell’ultimo trimestre del 2022 e nel primo del 2023. Una determinante fondamentale del profilo avverso del PIL è costituita dalle turbative alla produzione dovute alle carenze dal lato dell’offerta di energia. Con l’attenuarsi dell’impatto esercitato dalle interruzioni nelle forniture come conseguenza della graduale sostituzione degli input energetici e degli aggiustamenti economici, la recessione sarebbe seguita da una crescita moderata del PIL, che nello scenario meno favorevole rimane tuttavia inferiore rispetto a quello di base alla fine dell’orizzonte considerato.

Forti rincari delle materie prime comportano vigorose spinte al rialzo sui prezzi che prolungano il periodo atteso di inflazione elevata. L’impatto dell’aumento delle quotazioni dei beni energetici e delle materie prime alimentari e i tagli alla produzione connessi all’energia determinerebbero per l’inflazione complessiva un livello considerevolmente superiore a quello indicato nello scenario di base nel 2022 e specialmente nel 2023 (grafico). Le più durature pressioni al rialzo sui prezzi previste in questo scenario sono dovute in larga parte alla traiettoria persistentemente più elevata dei prezzi delle materie prime desunta dal conflitto protratto, anche se tale andamento sarebbe moderato dall’impatto frenante esercitato dal calo della domanda nel prosieguo del periodo in esame.

Grafico

Impatto sulla crescita del PIL in termini reali e sull’inflazione misurata sullo IAPC nell’area dell’euro nello scenario meno favorevole rispetto allo scenario di base delle proiezioni di settembre 2022

(deviazioni rispetto allo scenario di base delle proiezioni di settembre 2022, in punti percentuali)

Questa analisi è caratterizzata da un considerevole grado di incertezza riguardo agli andamenti dei prezzi dell’energia, alle possibilità di sostituzione e alla reattività della domanda di energia all’interno dell’economia. Alcune caratteristiche fondamentali dello scenario meno favorevole sono contraddistinte da un’elevata incertezza. I prezzi delle materie prime, specialmente del gas, in Europa sono molto volatili al momento attuale (riquadro 4). Inoltre gli effetti delle turbative alla produzione generati dalle restrizioni quantitative (razionamenti) riguardanti l’energia dipendono essenzialmente dal grado di sostituzione del gas russo con forniture alternative, dalla misura in cui il gas può essere sostituito con altri input nei processi produttivi e dal modo in cui l’economia si adegua al contesto dei prezzi. Lo scenario non tiene altresì conto delle possibili risposte della politica monetaria e delle reazioni dei governi che potrebbero stabilizzare la produzione, proteggere le famiglie a più basso reddito e/o attenuare la trasmissione dei rincari delle materie prime ai prezzi al consumo.

2 Prospettive per i conti pubblici

Rispetto alle proiezioni dello scorso giugno, lo scenario di base incorpora alcune misure ulteriori di stimolo fiscale. Ciò riflette principalmente l’ulteriore reazione dei governi al forte aumento dei prezzi dell’energia e al livello elevato del costo della vita dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, corrispondente a circa 0,4 punti percentuali del PIL nel 2022. Con queste revisioni, lo stimolo di bilancio complessivo connesso all’energia e alla guerra in Ucraina incluso nelle proiezioni sale all’1,4% del PIL nel 2022[11]. Circa un quarto di questo stimolo, in particolare la spesa per aumentare le capacità di difesa e assistere i rifugiati, dovrebbe continuare a incidere sul bilancio nel 2023 e nel 2024. Tali provvedimenti aggiuntivi nel 2022 e il loro parziale venir meno nel 2023 spiegano nel complesso le revisioni dell’orientamento delle politiche di bilancio rispetto all’esercizio previsivo dello scorso giugno (tavola 1). Per il 2022, tuttavia, lo stimolo addizionale è compensato in parte da fattori non discrezionali derivanti da entrate che nella prima metà dell’anno risultano maggiori del previsto e superiori ai livelli suggeriti dalle basi macroeconomiche. L’intonazione delle politiche di bilancio è altresì influenzata dall’aumento dei trasferimenti e dei consumi collettivi in termini nominali, connesso in parte all’adeguamento delle retribuzioni a carico del settore pubblico e in particolare delle pensioni, oltre che a investimenti pubblici lievemente inferiori rispetto a quanto previsto nelle proiezioni di giugno. Complessivamente, dopo la forte espansione nel 2020 e il leggero inasprimento nel 2021, l’orientamento delle politiche di bilancio nell’area dell’euro corretto per i sussidi a titolo del Next Generation EU continuerebbe a inasprirsi lievemente, specie nel 2023, riflettendo soprattutto il venir meno del sostegno per la crisi del COVID-19 e il ridimensionamento di quello connesso all’energia. Secondo le proiezioni, nel 2024 l’intonazione delle politiche di bilancio sarebbe neutrale.

Il saldo di bilancio dell’area dell’euro migliorerebbe costantemente nel periodo fino al 2024, ma in misura inferiore a quella prospettata nelle proiezioni dello scorso giugno. Il miglioramento del saldo di bilancio nell’arco di tempo considerato è ritenuto principalmente ascrivibile alla componente ciclica, seguita dal minore disavanzo primario corretto per il ciclo. Alla fine del periodo in esame il saldo di bilancio è previsto pari a -2,7% del PIL e quindi ancora ben inferiore al livello antecedente la pandemia (-0,7%). Dopo essere aumentato nettamente nel 2020, il debito pubblico aggregato dell’area dell’euro dovrebbe ridursi nell’intero orizzonte temporale della proiezione e raggiungere circa il 90% del PIL nel 2024, un livello ancora superiore a quello antecedente la pandemia (84%). La flessione va ricondotta principalmente ai differenziali favorevoli tra tasso di interesse e tasso di crescita, dato l’incremento del PIL in termini nominali che ha più che compensato i persistenti, ancorché calanti, disavanzi primari. Da un confronto con l’esercizio previsivo di giugno emerge che il profilo del saldo di bilancio è stato rivisto verso il basso nel periodo 2023-2024, principalmente a causa del deterioramento della componente ciclica. Questi fattori hanno altresì fornito il contributo principale alla revisione al rialzo del rapporto debito/PIL per l’insieme dell’area dell’euro nel 2024.

3 Prezzi e costi

L’inflazione misurata sullo IAPC dovrebbe registrare un lieve aumento ulteriore nel resto dell’anno rispetto ai livelli già molto elevati raggiunti in estate (grafico 3). L’impennata dell’inflazione complessiva nel 2022 riflette l’elevato incremento dei prezzi al consumo dell’energia (attenuato solo in parte dalle misure adottate dai governi) e dei beni alimentari, il forte rincaro dei beni industriali non energetici in un contesto in cui persiste l’impatto esercitato dalle turbative lungo le catene di approvvigionamento e gli effetti al rialzo sui prezzi dei servizi derivanti dalla riapertura del comparto dei servizi ad alta intensità di contatti interpersonali. Questi aumenti generalizzati rispecchiano la crescita straordinaria dei costi degli input riflessa nei prezzi alla produzione assieme agli andamenti ancora piuttosto robusti della domanda fino alla metà del 2022. L’inflazione misurata sullo IAPC inizierebbe a diminuire gradualmente nel corso dell’ultimo trimestre del 2022 per motivi principalmente riconducibili a effetti base al ribasso nella componente energetica, predominantemente presenti nel comparto dei combustibili. Dagli inizi del 2023 i prezzi dell’elettricità e, in particolare, del gas dovrebbero altresì contribuire alla moderazione dell’inflazione. Le differenze tra prodotti energetici in termini di persistenza dell’inflazione riflettono profili diversi per le quotazioni dei contratti future sui prezzi del petrolio, dell’elettricità all’ingrosso e del gas (riquadro 1), la minore frequenza degli adeguamenti dei prezzi dell’elettricità e del gas rispetto ai combustibili e l’eterogeneità delle misure di bilancio nei vari paesi. Per tener conto dell’incertezza elevata connessa all’estrema volatilità osservata di recente specialmente nei prezzi all’ingrosso di gas ed elettricità, il riquadro 4 presenta un’analisi di sensibilità per l’inflazione misurata sullo IAPC basata su varie ipotesi sottostanti relative alle materie prime energetiche. Dopo un ulteriore aumento rispetto a livelli già elevati nel corso del 2022 come conseguenza degli alti costi degli input energetici e dei prezzi elevati dei fertilizzanti e delle materie prime alimentari sui mercati sia internazionali sia dell’area dell’euro, l’inflazione dei beni alimentari inizierebbe a moderarsi nel 2023 nel contesto di un’attenuazione di queste pressioni sui costi. Il tasso calcolato sullo IAPC al netto della componente energetica e alimentare rimarrebbe alto per il resto dell’anno sul livello raggiunto nel terzo trimestre, dati gli effetti indiretti esercitati dai prezzi dell’energia e quelli derivanti dalle strozzature dal lato dell’offerta e dalla riapertura dell’economia.

Grafico 3

IAPC dell’area dell’euro

(variazioni percentuali annue)

Nota: la linea verticale indica l’inizio dell’attuale orizzonte temporale di proiezione.

L’inflazione complessiva scenderebbe da una media dell’8,1% nel 2022 al 5,5% nel 2023 e al 2,3% nel 2024. Questo profilo riflette un calo del tasso di variazione sui dodici mesi che riguarda tutte le componenti principali in misura variabile. La diminuzione dell’inflazione dei beni energetici descritta in precedenza dovrebbe continuare per tutto il 2023 e il 2024 in linea con le ipotesi secondo cui i prezzi del petrolio e del gas seguirebbero il profilo discendente delle curve dei rispettivi contratti future. L’impatto di queste ipotesi più che compensa alcuni effetti al rialzo derivanti dal venir meno delle misure di bilancio temporanee connesse all’energia e dai provvedimenti nazionali legati ai cambiamenti climatici che sono previsti nel periodo 2023-2024 in alcuni paesi. La componente energetica dovrebbe fornire un contributo solo molto ridotto all’inflazione complessiva nel 2024. Dopo essere aumentato nel 2022, anche il tasso di variazione dei prezzi dei beni alimentari dovrebbe moderarsi a causa di effetti base al ribasso alla metà del 2023 e in presenza di un allentamento delle pressioni al rialzo sui prezzi esercitate dall’impennata dei costi degli input connessa al livello elevato dei prezzi dell’energia, dei fertilizzanti e delle materie prime alimentari. Di riflesso all’impatto ritardato dei costi degli input sui prezzi al consumo, in particolare per il gas, l’inflazione dei beni alimentari si manterrebbe ben al di sopra della media storica nel 2024. Lo IAPC al netto della componente energetica e alimentare dovrebbe moderarsi solo nel corso del 2023, collocandosi al 3,4% in media d’anno, per poi raggiungere il 2,3% nel 2024. Il calo dovrebbe far seguito al venir meno degli effetti al rialzo esercitati dalle strozzature dal lato dell’offerta e dell’impatto derivante dalla riapertura dell’economia, cui si aggiungono gli effetti ritardati dell’indebolimento della crescita e la lieve attenuazione degli effetti indiretti dei più alti prezzi dell’energia. Al tempo stesso il livello ancora leggermente elevato nel 2024 rispecchia gli effetti ritardati del deprezzamento del tasso di cambio effettivo dell’euro, condizioni tese nei mercati del lavoro e alcuni effetti di secondo impatto sui salari. Le retribuzioni sosterrebbero l’inflazione di fondo nell’intero periodo in esame, mentre i margini di profitto dovrebbero compensare in qualche misura i maggiori costi salariali nel 2023 per poi recuperare parte del terreno perduto nel 2024.

L’incremento del reddito per occupato salirebbe dal 4,0% nel 2022 al 4,8% nel 2023, per poi tornare a scendere al 4,0% nel 2024. Il dato per il 2022 è sospinto verso l’alto dall’effetto dei regimi di sostegno al mantenimento del posto di lavoro. Corretto per questo effetto, l’atteso aumento della crescita salariale fra il 2022 e il 2023 è ancora più pronunciato e riflette mercati del lavoro robusti, aumenti delle retribuzioni minime in alcuni paesi e alcuni effetti di compensazione per i livelli elevati dell’inflazione. L’incremento del costo del lavoro per unità di prodotto contribuirebbe notevolmente all’inflazione interna nel 2023, ma in misura inferiore nel 2024 per l’effetto congiunto della moderazione salariale e del rafforzamento della crescita della produttività.

Le pressioni sui prezzi all’importazione sarebbero considerevolmente maggiori di quelle sui prezzi interni nel 2022, ma scenderebbero bruscamente negli anni successivi dell’orizzonte temporale di proiezione. La forte crescita dei prezzi all’importazione nel 2022 riflette in larga parte i rincari delle materie prime, specialmente energetiche, e l’aumento degli input importati connesso alle carenze dal lato dell’offerta. Nei due anni successivi se ne attende un calo considerevole, in parte nel contesto della moderazione dei prezzi dell’energia.

Da un confronto con le proiezioni macroeconomiche degli esperti dell’Eurosistema di giugno 2022 emerge che le prospettive per l’inflazione misurata sullo IAPC sono state riviste verso l’alto di 1,3, 2,0 e 0,2 punti percentuali rispettivamente per il 2022, il 2023 e il 2024. Le correzioni al rialzo sono sostanzialmente in relazione a tutte le componenti principali, ma la revisione per il 2024 è in larga parte dovuta alla componente energetica. Esse riflettono dati recenti superiori al previsto, pressioni verso l’alto più intense e persistenti esercitate dai prezzi dell’energia (petrolio e gas) e dai connessi aumenti dei costi degli input per il settore alimentare, un rafforzamento della crescita dei salari e un deprezzamento del tasso di cambio effettivo dell’euro. I suddetti fattori compensano ampiamente l’impatto negativo provocato dall’indebolimento delle prospettive per la crescita.

Riquadro 4
Analisi di sensibilità: profili alternativi dei prezzi dell’energia

Data la considerevole incertezza riguardo agli andamenti futuri dei prezzi dell’energia, varie analisi di sensibilità valutano le implicazioni meccaniche di profili alternativi per lo scenario di base delle proiezioni. Il presente riquadro considera anzitutto i rischi di variazioni eccezionalmente ampie dei prezzi delle materie prime energetiche, in linea con gli andamenti osservati nel passato recente, per le prospettive di inflazione a breve termine. Successivamente valuta l’impatto di alcuni profili alternativi per i prezzi dell’energia sulla crescita del PIL in termini reali e sull’inflazione misurata sullo IAPC nell’intero orizzonte temporale di riferimento.

Variazioni dei prezzi del petrolio e del gas in linea con le oscillazioni recenti suggeriscono livelli elevati di incertezza riguardo alle prospettive per l’inflazione a brevissimo termine. L’attuale volatilità elevata dei prezzi del petrolio e in particolare del gas ha fortemente accentuato l’incertezza che caratterizza le prospettive per l’inflazione nel brevissimo periodo. Questa forte volatilità a breve termine non viene di norma rilevata dalla distribuzione derivata dalle opzioni sui contratti future (cfr. sotto). Un modo per valutare tale sensibilità nel breve periodo consiste nel considerare il limite superiore e il limite inferiore dell’intervallo per le variazioni a breve termine dei prezzi del petrolio e del gas e poi definire le previsioni per l’inflazione nel breve periodo sulla base di questo intervallo. Nella presente analisi di sensibilità l’intervallo è determinato impiegando l’aumento e il calo medio mensile massimo registrati nei mercati del petrolio e del gas tra gennaio 2021 e agosto 2022. Ciò va successivamente ad alimentare la serie di equazioni dell’energia (per i combustibili, l’elettricità e il gas) utilizzata dagli esperti della BCE per formulare previsioni sull’inflazione a breve termine. In questo periodo l’aumento medio mensile massimo del livello dei corsi petroliferi e dei prezzi all’ingrosso del gas è stato rispettivamente pari a 22,7 euro al barile e a 63,9 euro per megawattora. Un aumento a settembre 2022 analogo a quello prospettato nelle ipotesi utilizzate nelle proiezioni di settembre 2022 (mantenuto sino alla fine dell’anno) farebbe salire l’inflazione complessiva di 0,2 e 1,0 punti percentuali rispettivamente nel terzo e nel quarto trimestre di quest’anno (portandola rispettivamente al 9,3% e al 10,2%; cfr. il grafico). Un calo corrispondente alla diminuzione massima dei prezzi in euro del petrolio (17,8 euro) e del mercato all’ingrosso del gas (28,0 euro) eserciterebbe un impatto rispettivamente pari a -0,2 e -0,4 punti percentuali nel terzo e nel quarto trimestre del 2022 (riducendo l’inflazione complessiva rispettivamente all’8,9% e all’8,8%).

Grafico

Profili alternativi dell’inflazione misurata sullo IAPC nel breve termine basati sulla volatilità osservata di recente nei mercati del petrolio e del gas

(variazioni percentuali annue)

Considerando l’intero orizzonte temporale della proiezione, sono stati calcolati profili alternativi per i prezzi dell’energia utilizzando i prezzi del petrolio impliciti nelle opzioni e un’ipotesi di prezzi costanti. In questa analisi di sensibilità viene usato un indice sintetico dei prezzi dei prodotti energetici che combina i prezzi dei contratti future sia sul petrolio sia sul gas. Un profilo alternativo al ribasso e uno al rialzo sono stati calcolati con il 25° e il 75° percentile delle densità delle probabilità neutrali al rischio implicite nelle opzioni per il prezzo del petrolio al 22 agosto 2022 (la data di ultimazione delle ipotesi tecniche). In assenza di analoghe distribuzioni per i prezzi del gas, questi ultimi sono ricavati dal 25° e dal 75° percentile di una distribuzione basata sui recenti errori di previsione delle quotazioni dei contratti future per il gas. Inoltre, si considera un’ipotesi di prezzi costanti sia per il petrolio sia per il gas.

Gli effetti di questi profili alternativi sono valutati con una serie di modelli macroeconomici degli esperti della BCE e dell’Eurosistema utilizzati per le proiezioni. Gli effetti medi sulla crescita del PIL in termini reali e sull’inflazione risultanti da tali modelli sono mostrati nella tavola seguente. I risultati suggeriscono che le maggiori deviazioni verso l’alto rispetto alle proiezioni per l’inflazione misurata sullo IAPC contenute nello scenario di base si ottengono per il profilo basato sul 75° percentile per i primi due anni del periodo considerato e per quello che ipotizza prezzi costanti del petrolio e del gas per il 2024. Nel 2024 l’inflazione misurata sullo IAPC è pari al 2,9% nello scenario basato sull’ipotesi di prezzi costanti, mentre scende all’1,6% in quello che si fonda sul 25° percentile. La crescita del PIL in termini reali è inferiore di 0,1 punti percentuali sia nel 2023 sia nel 2024 per il profilo basato sul 75° percentile e per quello che ipotizza prezzi costanti, mentre risulterebbe superiore di 0,1 e 0,2 punti percentuali rispettivamente nel 2023 e nel 2024 nel profilo che si fonda sul 25° percentile.

Tavola

Impatto di profili alternativi dei prezzi dell’energia

Nota: il 25° e il 75° percentile si riferiscono alle densità delle probabilità neutrali al rischio implicite nelle opzioni per il prezzo del petrolio alla data del 22 agosto 2022 e nel caso dei prezzi del gas a una distribuzione basata sui recenti errori di previsione dei prezzi dei contratti future per il gas. I prezzi costanti del petrolio e del gas assumono il valore rispettivo osservato alla stessa data. Gli effetti macroeconomici sono indicati come medie di una serie di modelli macroeconomici costruiti dagli esperti della BCE e dell’Eurosistema.

Riquadro 5
Previsioni formulate da altre organizzazioni

Previsioni relative all’area dell’euro sono state pubblicate da organizzazioni sia internazionali sia del settore privato. Tuttavia tali previsioni non sono direttamente confrontabili tra loro, né con le proiezioni macroeconomiche degli esperti della BCE, poiché sono state ultimate in momenti differenti. Inoltre si basano su metodi diversi per definire le ipotesi sulle variabili di bilancio, finanziarie ed esterne, inclusi i corsi del petrolio e di altre materie prime, e presentano differenze metodologiche nella correzione dei dati per il numero di giornate lavorative.

Tavola

Confronto tra alcune previsioni recenti sulla crescita del PIL e sull’inflazione nell’area dell’euro

(variazioni percentuali annue)

Fonti: Euro Zone Barometer di MJEconomics, 18 agosto 2022 (i dati per il 2024 sono tratti dall’indagine di luglio 2022); Consensus Economics Forecasts, 11 agosto 2022 (i dati per il 2024 sono tratti dall’indagine di luglio 2022); World Economic Outlook dell’FMI, 26 luglio 2022; Indagine presso i previsori professionali della BCE, per il terzo trimestre del 2022, 22 luglio 2022; European Economic Forecast della Commissione europea, estate 2022 (Interim), 14 luglio 2022; Economic Outlook dell’OCSE, n. 111, 8 giugno 2022.
Nota: i tassi di crescita delle proiezioni macroeconomiche formulate dagli esperti della BCE sono corretti per il numero di giornate lavorative, diversamente da quelli riportati dalla Commissione europea e dall’FMI. Per quanto riguarda le altre previsioni non viene fornita alcuna precisazione in merito. Le statistiche storiche possono divergere dalle pubblicazioni più recenti dell’Eurostat a causa della divulgazione dei dati oltre la data di chiusura delle proiezioni.

Le proiezioni di settembre degli esperti della BCE per la crescita del PIL sono superiori a quelle degli altri analisti per il 2022 ma inferiori a gran parte di queste ultime per il 2023, mentre per l’inflazione sono superiori alla maggioranza delle altre previsioni nell’intero periodo considerato. Le proiezioni per la crescita formulate dagli esperti della BCE si collocano lievemente al di sopra dell’intervallo di valori delle altre previsioni per il 2022 (probabilmente a causa dell’inclusione delle ultime revisioni al rialzo dei dati per la prima metà dell’anno), mentre risultano inferiori a quelle di gran parte degli altri analisti per il 2023 e in linea con le altre previsioni per il 2024. Con riferimento all’inflazione, la proiezione degli esperti della BCE è superiore a gran parte delle altre previsioni nell’intero orizzonte temporale di riferimento, in misura maggiormente considerevole nel 2023, verosimilmente a causa della più recente data di ultimazione dell’esercizio e di ipotesi tecniche più aggiornate, che indicano pressioni più forti e persistenti sui prezzi e di conseguenza livelli risultanti di inflazione più elevati.

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Per la terminologia tecnica, è disponibile sul sito della BCE un glossario in lingua inglese.

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  1. Le ipotesi tecniche riguardanti, ad esempio, i prezzi del petrolio e i tassi di cambio sono aggiornate al 22 agosto 2022. Le proiezioni per l’economia mondiale e le proiezioni macroeconomiche per l’area dell’euro sono state ultimate rispettivamente il 15 e il 25 agosto 2022 e si riferiscono al periodo 2022-2024. Nella loro interpretazione va ricordato che esercizi previsivi condotti per un orizzonte temporale così esteso presentano un grado di incertezza molto elevato. Cfr. l’articolo Una valutazione delle proiezioni macroeconomiche degli esperti dell’Eurosistema nel numero di maggio 2013 del Bollettino mensile della BCE. All’indirizzo http://www.ecb.europa.eu/pub/projections/html/index.en.html sono accessibili i dati utilizzati per la compilazione di alcuni grafici e tavole. Una banca dati completa delle proiezioni macroeconomiche passate degli esperti della BCE e dell’Eurosistema è disponibile all’indirizzo https://sdw.ecb.europa.eu/browseSelection.do?node=5275746.

  2. Dopo il 22 agosto 2022, data di ultimo aggiornamento delle proiezioni, i flussi di gas attraverso il gasdotto Nord Stream 1 sono stati sospesi a tempo indeterminato, riducendo significativamente l’erogazione di gas da parte della Russia all’area dell’euro. Ciò costituisce un rischio verso il basso per le ipotesi riguardanti l’offerta di gas sottostanti allo scenario di base delle proiezioni degli esperti della BCE nel caso in cui la perdita delle forniture attraverso questo gasdotto non possa essere sostituita ricorrendo a fornitori alternativi.

  3. Le deroghe previste dall’accordo implicano un risparmio effettivo diverso da paese a paese e pertanto considerevolmente inferiore a livello di intera area dell’euro. Sono state concordate esenzioni totali per gli Stati membri non connessi alla rete del gas dell’Unione europea (Irlanda, Cipro e Malta) e parziali per quelli con interconnessioni limitate con gli altri Stati membri (Belgio, Grecia, Spagna, Italia e Portogallo). Cfr. il Regolamento del Consiglio relativo a misure coordinate di riduzione della domanda di gas, del 4 agosto 2022.

  4. Prima dell’invasione dell’Ucraina il grado di dipendenza dal gas russo dell’Italia era simile a quello della Germania; i livelli di stoccaggio del gas durante l’inverno dovrebbero essere tuttavia meno critici in Italia grazie alla sostituzione con il gas algerino, un processo di cui si ipotizza la prosecuzione.

  5. Le proiezioni di bilancio comprendono solo le misure discrezionali che, alla data di aggiornamento dell’esercizio previsivo, sono già state approvate dai parlamenti o che hanno ricevuto l’assenso dei governi e che sono specificate in dettaglio e verosimilmente supereranno l’iter legislativo.

  6. Il risparmio accumulato durante la pandemia è stato concentrato specialmente nei nuclei familiari più ricchi. Cfr. Dossche, M., Georgarakos, D., Kolndrekaj, A. e Tavares, F., “Il risparmio delle famiglie durante la pandemia di COVID-19 e le implicazioni per la ripresa dei consumi”, Bollettino economico, numero 5, BCE, 2022.

  7. L’ipotesi formulata per i rendimenti nominali dei titoli di Stato a dieci anni dell’area dell’euro si basa sulla media dei rendimenti dei titoli di riferimento a dieci anni dei vari paesi, ponderata per il PIL su base annua; la media è poi estesa utilizzando il profilo dei tassi a termine derivato dal par yield a dieci anni di tutti i titoli dell’area dell’euro stimato dalla BCE, con la discrepanza iniziale tra le due serie mantenuta costante nel periodo della proiezione. Si ipotizza che i differenziali tra i rendimenti dei titoli dei singoli paesi e la corrispondente media dell’area dell’euro rimangano costanti nell’orizzonte temporale considerato.

  8. La Q di Tobin corrisponde al rapporto tra il valore di un immobile esistente e il suo costo di costruzione.

  9. L’elasticità di sostituzione per i tagli alla produzione nello scenario meno favorevole è ottenuta utilizzando l’approccio basato sulla funzione di produzione a elasticità di sostituzione costante (constant elasticity of substitution, CES) in Bachmann, R., Baqaee, D., Bayer, C., Kuhn, M., Löschel, A., Moll, B., Peichl, A., Pittel, K. e Schularick, M., “What If? The Economic Effects for Germany of a Stop of Energy Imports from Russia”, ECONtribute Policy Brief, n. 28, marzo 2022, esteso in Borin, A., Conteduca, P. O., Di Stefano, E., Gunnella, V., Mancini, M. e Panon, L., “Quantitative assessment of the economic impact of the trade disruptions following the Russian invasion of Ukraine”, Questioni di Economia e Finanza (Occasional Papers), n. 700, Banca d’Italia, giugno 2022. Tale elasticità riguarda la possibilità di sostituire l’energia importata con risorse energetiche interne o, più in generale, la misura in cui gli operatori sono disposti a riallocare la loro spesa dall’energia importata verso altri prodotti.

  10. Angelini, E., Bokan, N., Christoffel, K., Ciccarelli, M. e Zimic, S., “Introducing ECB-BASE: The blueprint of the new ECB semi-structural model for the euro area”, Working Paper Series, n. 2315, BCE, settembre 2019.

  11. Al netto degli interventi di ristoro legati all’energia approvati dai governi prima del 24 febbraio, il sostegno totale in risposta alla guerra corrisponde all’1,2% del PIL nel 2022. Secondo le stime ciò eserciterebbe un impatto pari a 0,5 e -0,6 punti percentuali rispettivamente sulla crescita e sull’inflazione nel 2022, lievemente superiore a quanto previsto nelle proiezioni di giugno. Nel 2023, data la tempistica e la composizione delle misure, si stima che l’impatto sulla crescita venga meno e si ritiene che quello sull’inflazione sia sostanzialmente riassorbito.

Annexes
8 September 2022